
3 dicembre 2016
Non ci si può soffermare troppo in prossimità di Rebis, pena la follia. Bisognerà solo sfiorarla anche nel discorso filosofico. Sfiorarla con miti, visioni, parole evocative. Certo occorrerà anche affrontarla prima o poi: spogliarsi di tutto e andarle incontro. Ridiventare poppanti al suo cospetto come davanti alla Madre. Un deserto lussureggiante ci attende al di là delle colline. Un’arsura rinfrescante solo se si pensa allo scorticamento. Ecco il punto: sarà uno scorticamento dolce, come una carezza materna.
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Pubblicato da Daniele Baron
Daniele Baron [Pinerolo 1976] vive in provincia di Torino. Nel 2004 si laurea con lode in Filosofia Teoretica presso l’Università degli Studi di Torino con una tesi su Jean-Paul Sartre. Dopo gli studi, trova lavoro come impiegato presso un Comune. È appassionato dell’opera del filosofo e scrittore francese Georges Bataille: per «Filosofia e nuovi sentieri» cura la pagina Batailliana. È scrittore e pittore: i suoi quadri e disegni sono visibili in rete sia sul suo blog personale sia su altri portali.
Ha pubblicato in volume:
una raccolta di racconti dal titolo "Il gioco dell'insolito" (ed. Porto Seguro, Milano 2023), un romanzo "Il Risveglio" (ed. Robin, Torino 2022) thriller psicologico, un romanzo giallo “Mise en Abyme” (ed. Il Seme Bianco 2019), un’opera poetica sperimentale, “Il Cantico di Hermes” (ed. Controluna 2018) e tre racconti noir per la collana Tutto Sotto (ed. Neos 2020-21-22).
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L’immagine che accompagna le parole non può non colpire per forza, colori, significato.
Quasi che togliendo l’animalità per scorticamento la vita stessa dell’uomo, dimezzata, non possa resistere autonomamente – o sia rappresentata nel suo più grave rischio di perdita di sè. Intorno, i curiosi e i perplessi del cimento tentato.
silvia goi
Grazie Silvia per la tua attenta osservazione e per il tuo profondo commento.
Non potevo trovare in effetti immagine migliore per accompagnare le mie riflessioni ancora incespicanti. Come giustamente sottolinei la posta in gioco è la perdita di sé che nello scorticamento è raffigurata: avvicinandosi al nocciolo della questione è difficile rimanere in sé, la Cosa Doppia è un vento che porta fuori.
Daniele
Ma potrà mai la Cosa Doppia essere una risorsa e non solo un passo fatale per chi ne è testimone? C’è una potenzialità visionaria nella situazione e il pittore la ‘scarica’ su chi guarda la rappresentazione pittorica. Ci si sente bersagliati, quasi.
Grazie della risposta,
Silvia
Senz’altro la Cosa Doppia è una risorsa per chi ha il dono di percepirla, ma è nella sua natura suscitare reazioni contrastanti. Sfugge ad ogni definizione, è ineffabile, ma non perché non ne possiamo dire niente, possiamo dirne molto, ma il modo più adeguato per darvi espressione è l’ossimoro. A dire il vero chiunque può percepirla nella quotidianità, non sono necessarie particolari doti, bisogna fuggire il ripiegamento su di sé, allo stesso tempo abbiamo bisogno (una necessità vitale) di non soffermarci troppo nei suoi paraggi. Solo qualcuno può veramente avvicinarsi e si espone al pericolo.
Grazie Silvia per aver colto i miei spunti di riflessione e con il tuo intervento di avermi permesso di approfondire ulteriormente il tema.
Buona giornata