Il concetto di Trascendenza è ambiguo in filosofia e in generale. In apparenza sembra significare due cose diversissime: 1. la trascendenza come ciò che è al di là di questo mondo, il divino come opposto al terreno, da un lato, la trascendenza come Dio in ultima analisi; 2. la trascendenza come movimento di superamento di una situazione: a partire da un fine si illumina una situazione, c’è un movimento teleologico che caratterizza a partire da un fine futuro un dato di fatto, un essere dato delle cose. L’essere dato dunque, la fatticità, l’essere così formato delle cose, la loro identità, la loro forma, dipende dalla trascendenza.
Ciò che deve essere chiaro è che questo movimento è sia affermazione sia negazione. E soprattutto dal modo in cui intenderemo la trascendenza dipenderà anche la nostra concezione religiosa e morale. Dunque il concetto di trascendenza non è ambiguo per caso. Ha entrambi i significati.
Il filosofo deve decidere, anche se ateo, qual è la Trascendenza.
E soprattutto il filosofo di Rebis deve dimostrare che la trascendenza è identica all’immanenza.
